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San Rocco - Toca - Pietre Strette - San Fruttuoso

Il tracciato che prende avvio dal sagrato della chiesa parrocchiale di San Rocco, è agevole e panoramico, permette di intraprendere altri percorsi e si svolge lungo il versante occidentale del Monte di Portofino.

La pianeggiante mulattiera attraversa le località il Poggio e la Mortola, suggestiva con le sue decorazioni “trompe l’oeil” e lungo il percorso la vegetazione spontanea si avvicenda ai coltivi e i conglomerati di Portofino si sostituiscono ai calcari di Monte Antola offrendo una varietà di panorami e di paesaggi particolarmente apprezzabili.

II primo tratto di strada permette di ammirare ampia parte della costa occidentale ligure e il Golfo Paradiso, fino a Genova, delimitato a sud dalla sottile lingua rocciosa di Punta Chiappa. Qui la vita dell’uomo è ancora legata a quella del mare, come dimostrano la tonnara, la mugginara e le barche da pesca ormeggiate vicino alla costa.

Sempre verso sud si può osservare l’aspetto della vegetazione che si incontrerà più avanti lungo il percorso: gli oliveti vicino ai nuclei abitati, la vegetazione mediterranea (con prevalenza della lecceta mista rispetto alla pineta a pino d’Aleppo sui crinali che scendono al mare), il bosco mesofilo a carpino nero e orniello nei valloncini umidi che solcano il versante.

Sotto il sentiero, la costa a falesia precipita in mare la cui trasparenza spesso rivela l’alternarsi sul fondo di zone occupate dai massi precipitati lungo il pendio e di zone sabbiose maculate dalle scure praterie di posidonia.

Oltrepassati i nuclei di Poggio e Mortola, si avanza attraverso i coltivi, in prevalenza oliveti, oggi in gran parte abbandonati, nei quali e possibile apprezzare la fioritura di piante vistose come la spadacciola, l’anemone degli orti e il narciso a tazzetta.

Dopo un ponticello alcuni lavatoi raccolgono l’acqua della sorgente Vegia, che sgorga nella zona dove i due tipi di roccia presenti sul Promontorio vengono a contatto. I versanti sono ripidi e scoscesi articolati in sottili creste e crinali dentellati da squadrati torrioni rocciosi e a causa dell’abbandono dei coltivi si assiste ad un recupero della vegetazione spontanea che si sostituisce agli olivi ormai soffocati da rovi e liane. In breve si giunge al bivio di Fornelli , a quota 230 m, da dove è possibile proseguire per Toca o per Batterie.

Dal bivio di Fornelli, a quota 230 m, che scendendo conduce alle Batterie, si sale a sinistra inoltrandosi in una rada pineta a pino marittimo, sotto la quale crescono i principali elementi della macchia mediterranea.

Negli stretti valloncini, freschi e umidi, gli ornielli, i carpini neri ed altre specie submontane e montane si spingono in prossimità del mare aiutati dall’ambiente favorevole. Sul percorso, tra notevoli spunti panoramici su Punta Chiappa e Camogli, fanno bella mostra la rara sassifraga spatolata, la smilax o stracciabraghe, la robbia selvatica dalle cui radici si estraeva l’alizarina, sostanza colorante rossa, oggi prodotta in maniera sintetica. Sui tronchi e sul selciato i sigilli della presenza del cinghiale.

Il sentiero termina in località Toca passando in un bosco ombroso, tra numerosi alberi di nocciolo. Il percorso, panoramico e suggestivo, attraversa, in alto, l’intera Cala dell’Oro e la parte occidentale dell’ insenatura di San Fruttuoso, mantenendo la quota media dei 450 m.

Dalla località Toca che è situata sul displuvio che scendendo dalla vetta del Promontorio, attraverso il Monte Tocco (543 m), delimita ad occidente la Cala dell’Oro, parte il sentiero che offre una splendida panoramica sul mare che spazia dall’Isola del Tino a Capo Mele.

Il percorso si sviluppa nel conglomerato di Portofino: sono infatti ben visibili le fratture che lo attraversano originando selle e torrioni.

Poco prima di salire alcuni gradini di roccia, si può intravedere, pochi metri sopra il sentiero, una piccola sorgente che, come le altre, è il punto di riferimento di rettili (lucertole, geki, ramarri, serpenti) e piccoli uccelli della zona.

L’acqua, infiltratasi nel terreno, cola dalla roccia e riempie una piccola vasca naturale attorniata da vegetazione rupestre e gariga. Giunti sopra una balza rocciosa, si può dare uno sguardo al panorama suggestivo con in basso l’unico nucleo abitato situato nel tratto di costa compreso tra Punta Chiappa e Portofino Mare: l’antico Borgo di San Fruttuoso di Capodimonte. Quindi, continuando nel cammino, si raggiunge il vallone della Cala dell’Oro prevalentemente ricoperto dalla macchia mediterranea e si attraversa il regno nascosto del gabbiano reale, del falco pellegrino e nel periodo di passo, delle garzette e degli altri uccelli migratori. Si arriva ad un canalone e si risale fino ad un altro punto dove si può scorgere San Fruttuoso di Capodimonte da un punto di vista particolarmente panoramico. La forma dell’insenatura è identica a quella della Cala dell'Oro avendo la stessa storia geologica. Intorno ad esso le pendici rocciose scendono ripidamente in mare dove mantengono già a pochi metri dalla costa, fondali che presentano interessanti variazioni di flora e di fauna.

Si risale lungo il fianco assolato del crinale che, scendendo dalla vetta, delimita le due insenature di San Fruttuoso e della Cala dell’Oro. A seguito di numerosi incendi, la felce aquilina ed il rovo sostituiscono adesso, con invadente prepotenza, gli arbusti che prima componevano la macchia mediterranea laddove la pineta era più aperta.

La zona che si percorre è caratterizzata da lunghi periodi di insolazione e quindi da temperature medie elevate anche nel periodo invernale e il costone roccioso che scende ripido in mare è battuto dal venti che giungono dai quadranti meridionali.

Nell’ultimo tratto, si abbandona la zona arida della macchia mediterranea e si attraversa l’ambiente fresco ed ombroso del bosco, fino a giungere alla località Pietre Strette, uno dei principali crocevia del parco.

L’agevole e tortuosa stradina pedonale che scende a San Fruttuoso, rappresenta la via di collegamento più breve tra il Borgo e Camogli o Santa Margherita qualora le condizioni del mare impediscano l’approdo dei natanti. L’ambiente è fresco e umido, costituito da un bosco misto di leccio, carpino nero e roverella, poco illuminato, ben diverso dal restante versante, arso dal sole e battuto dai venti meridionali.

La vallecola che si sta attraversando deve la sua origine ad una profonda incisione della roccia, allineata in direzione nord-sud, formatasi durante i movimenti di sollevamento e di assestamento del conglomerato.

L’ambiente sotto le chiome degli alberi si mantiene fresco ed ombroso in ogni stagione grazie ai sempreverdi che compongono lo strato arboreo e impediscono una forte insolazione del terreno che ne farebbe evaporare l’acqua. II sottobosco, conseguentemente, è piuttosto rado e caratterizzato solo da alcune specie come il pungitopo e l’edera. II sentiero svolta e abbandona la vallecola per condurre lungo le pendici assolate esposte a sud e impoverite nel passato dai ripetuti incendi, giungendo presso un serbatoio d’acqua. In questa zona, detta delle Caselle, l’acqua di cinque sorgenti viene raccolta e successivamente convogliata, tramite un piccolo acquedotto, a San Fruttuoso.

La presenza di acqua anche nei versanti più aridi e nei periodi di siccità estiva non è inconsueta sul Promontorio laddove affiora il 

conglomerato. La roccia, tramite le fratture, cattura nel suo interno la quasi totalità del!’acqua piovana, privilegiando il deflusso sotterraneo rispetto a quello superficiale, sempre piuttosto effimero. Mentre si scende ulteriormente si notano le prime fasce e, tutto intorno, si intuisce che la morfologia del territorio è stata modificata dall’intervento dell’uomo che ha terrazzato i pendii per moderarne le pendenze, altrimenti inadatte alla coltivazione. Nella memoria dei vecchi rimane il ricordo di raccolte che gli oliveti di questa zona, magnificamente esposti, consentivano; del taglio della lisca (ampelodesma), per fame reti e cesti e dei giganteschi ginepri rossi. Di quest’ultima specie, il cui legno compatto era molto ricercato per lavori di ebanisteria, rimane uno splendido esemplare nel bosco poco prima di entrare a San  Fruttuoso.

Nell’avvicinamento alla bassa vallata si incontrano le case abbandonate, vecchie fasce i cui muri a secco sono composti unicamente da blocchi di conglomerato di varie dimensioni, olivi che recano le tracce del fuoco e dalle cui ceppaie ributtano numerosi polloni, vecchi coltivi e le tracce di antichi sentieri che si perdono nella macchia.
 
Dove giunge l’acqua crescono rigogliosamente vegetali come la canna e numerosi tipi di felce, e
trovano un punto di riferimento molti animali come il ramarro, il biacco e numerosi uccelli.Attraversata una piccola lecceta si oltrepassano alcuni splendidi esemplari di pino domestico giungendo alla cinquecentesca torre dei Doria, costruita a difesa delle incursioni moresche, sede dal 1880 della scuola elementare e ora di iniziative del F. A. I.

Scesi sulla spiaggia si scopre una sorgente dietro le ultime arcate dell’Abbazia. Non a caso essa si trova lungo il canalone dove sgorgano le sorgenti Caselle e nella cui profondità scorre e si raccoglie l’acqua. Una visita al Complesso Monumentale è d’obbligo.