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San Rocco - Pietre Strette - San Fruttuoso

Il percorso attraversa la parete nord-occidentale del Monte di Portofino e permette di apprezzare il graduale passaggio dalla zona coltivata, ai coltivi abbandonati, al bosco; inoltre rappresenta un piacevole collegamento tra la frazione di San Rocco e località Gaixella, crocevia di numerosi itinerari escursionistici.

Il percorso ha inizio con una mulattiera che, salendo a fianco della Chiesa, raggiunge le case di Galletti, strette lungo il viottolo, con i terrazzi affacciati a occidente, sulla luminosa distesa marina.

La vegetazione che ricopre il versante a mare è costituita da un’unica specie arborea: la robinia, conosciuta anche come gaggia, piantata in epoca recente per consolidare una frana. II sentiero prosegue fiancheggiato dai muretti a secco ospitanti piante caratteristiche quali l’ombelico di Venere, l’erba ruggine, l’erba rugginina, la valeriana rossa e l’edera. Il sottobosco è fitto di piante di corbezzolo, di emero, di erica arborea, rovo e rosa canina; giovani piante di carpino nero e orniello stanno lentamente rubando, con le radici, la vita ai vecchi castani giganti.

Passato il castagneto la roccia cambia e grossi ed irregolari spuntoni di conglomerato si sovrappongono ai calcari del Monte Antola, che occupano invece, la restante parte inferiore della vallata del rio Gentile. Salendo, circondata da felci e muschi, si incontra la sorgente Acqua Fredda nei pressi della località omonima e subito dopo, in prossimità di una vecchia cisterna, la sorgente del "Coe Ruggio". Poco dopo l’itinerario si conclude presso l’area attrezzata di Gaixella.

Ci si trova nella zona dove le due diverse rocce del Promontorio sono venute a contatto e i movimenti hanno spezzato il conglomerato dando luogo ad innumerevoli fratture. La zona, nota come località Fogliacci, è ombrosa, umida e relativamente fredda; il terreno è ricoperto da edera e in primavera, spiccano le fioriture degli anemoni, della scilla e dell’erba trinità.

Il sottobosco, presso la Località Pietre Strette, è invaso dal rovo, indice che in passato il terreno era ripulito anche con la tecnica dell’incendio controllato. Il tratto dell’itinerario si sviluppa nel castagneto dentro il quale spuntano i grossi blocchi di conglomerato, dei veri e propri torrioni afflancati, ai quali Pietre Strette deve il suo nome.

Siamo nel cuore pedonale del Parco; da qui si possono raggiungere Santa Margherita, Gave, Paraggi, Portofino Mare, Base 0, San Fruttuoso, Toca, Monte Tocco e il Semaforo Vecchio oppure riposare nell’area attrezzata. L’agevole e tortuosa stradina pedonale che scende a San Fruttuoso rappresenta la via di collegamento più breve tra il Borgo e Camogli o Santa Margherita, qualora le condizioni del mare impediscano l’approdo dei natanti.

L’ambiente è fresco e umido, costituito da un bosco misto di leccio, carpino nero e roverella, poco illuminato, ben diverso dal restante versante, arso dal sole e battuto dai venti meridionali.La vallecola che si sta attraversando deve la sua origine ad una profonda incisione della roccia, allineata in direzione nord-sud, formatasi durante i movimenti di sollevamento e di assestamento del conglomerato.

L’ambiente sotto le chiome degli alberi si mantiene fresco ed ombroso in ogni stagione grazie ai sempreverdi che compongono lo strato arboreo e impediscono una forte insolazione del terreno che ne farebbe evaporare l’acqua. II sottobosco, conseguentemente, è piuttosto rado e caratterizzato solo da alcune specie come il pungitopo e l’edera.

II sentiero svolta e abbandona la vallecola per condurre lungo le pendici assolate esposte a sud e impoverite nel passato dai ripetuti incendi, giungendo presso un serbatoio d’acqua. In questa zona, detta delle Caselle, l’acqua di cinque sorgenti viene raccolta e successivamente convogliata, tramite un piccolo acquedotto, a San Fruttuoso.

La presenza di acqua anche nei versanti più aridi e nei periodi di siccità estiva non è inconsueta sul Promontorio laddove affiora il conglomerato. La roccia, tramite le fratture, cattura nel suo interno la quasi totalità dell’acqua piovana, privilegiando il deflusso sotterraneo rispetto a quello superficiale, sempre piuttosto effimero.

Mentre si scende ulteriormente si notano le prime fasce e, tutto intorno, si intuisce che la morfologia del territorio è stata modificata dall’intervento dell’uomo che ha terrazzato i pendii per moderarne le pendenze, altrimenti inadatte alla coltivazione.

Nella memoria dei vecchi rimane il ricordo di raccolte che gli oliveti di questa zona, magnificamente esposti, consentivano; del taglio della lisca (ampelodesma), per fare reti e cesti e dei giganteschi ginepri rossi. Di quest’ultima specie, il cui legno compatto era molto ricercato per lavori di ebanisteria, rimane uno splendido esemplare nel bosco poco prima di entrare a San Fruttuoso.

Nell’avvicinamento alla bassa vallata si incontrano le case abbandonate, vecchie fasce i cui muri a secco sono composti unicamente da blocchi di conglomerato di varie dimensioni, olivi che recano le tracce del fuoco e dalle cui ceppaie ributtano numerosi polloni, vecchi coltivi e le tracce di antichi sentieri che si perdono nella macchia.

Dove giunge l’acqua crescono rigogliosamente vegetali come la canna e numerosi tipi di felce, e trovano un punto di riferimento molti animali come il ramarro, il biacco e numerosi uccelli. Attraversata una piccola lecceta si oltrepassano alcuni splendidi esemplari di pino domestico giungendo alla cinquecentesca torre del Doria, costruita a difesa delle incursioni moresche, sede dal 1880 della scuola elementare e ora di iniziative del F. A. I.

Scesi sulla spiaggia si scopre una sorgente dietro le ultime arcate dell’Abbazia. Non a caso essa si trova lungo il canalone dove sgorgano le sorgenti Caselle e nella cui profondità scorre e si raccoglie l’acqua.

Una visita al Complesso Monumentale è d’obbligo.